Gli amanti del Castello tra Lago e Monte

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C'era, tanto, tanto tempo fa, un piccolo Villaggio adagiato tra i piedi del Monte e il Lago. Lo dominava un imponente Castello utilizzato come presidio militare e anche come riparo nel caso di disgrazie, invasioni, guerre, pestilenze.

Al suo interno viveva un Castellano che si occupava di tutte le incombenze: di gestire i fanti, i balestrieri e difendere il confine.

Tutta la zona e anche molto più in là, apparteneva aI Signore della Città, che, grande amante della bellezza un bel giorno decise di far affrescare la cappella attigua all'ingresso principale del maniero.

Il Signore della Città incaricò un artista proveniente da un luogo a sud del Villaggio, conosciuto per la sua competenza e la sua maestria nel raffigurare scene di santi.
Il maestro arrivò al Villaggio accompagnato da un giovane ed aitante garzone di nome Alvise, bello, allegro e gentile.

Per accedere all'interno delle mura del Castello vi era la Porta Siresina attraversata la quale, con una salita si arrivava fino all'ingresso vero e proprio, che portava ad una specie di spianata erbosa chiamata Lacaor.
Fuori dalle mura del Castello la vita era sempre scivolata lenta e senza particolari guizzi, le giornate seguivano il corso del tempo e delle stagioni.

Tra le fanciulle che abitavano fuori dalle mura, vi era Olivetta, una giovane contadinella che apparteneva ad una storica famiglia di coltivatori di olivi. Olivetta era bella, intelligente e curiosa e passava le giornate a curare un campo in un luogo chiamato Campogrande dove oltre agli olivi secolari, vi era un orto e qualche animale da cortile.
Ad Olivetta piaceva sgattaiolare via da casa per andare, da sola, al Castello a curiosare, ma anche accompagnare suo padre, che conosceva il Castellano, a portare verdure e uova fresche.
La giovane donna adorava vedere i cavalieri a cavallo, i fanti e i balestrieri, ed era sempre molto curiosa ed attenta a tutto ciò che femmina"...

Un bel giorno entrò da sola attraverso porta Siresina e, avendo notato un certo trambusto, salì al Lacaor. Qui intravide delle persone che disegnavano sul muro della Cappella, poco più in alto di dove stava lei. Olivetta per timore di essere vista e poi sgridata dal burbero Castellano cercava di muoversi quieta, guardinga e silenziosa.
Mentre era intenta ad osservare il maestro d'arte si accorse di avere qualcuno vicino a sé: sobbalzò e si trovò faccia a faccia con Alvise che la osservava sorridendo. Tra loro fu il classico colpo di fulmine; lo sguardo malandrino di Alvise, incrociò quello di Olivetta, blu come solo il cielo in questo punto del Lago può essere.

Da quel giorno Alvise si ingegnò per riuscire a vedere Olivetta ogni volta che poteva. La mattina presto passava da Campogrande per osservarla lavorare nell'orto; a volte quando lei accompagnava il padre al Castello, i due innamorati riuscivano a stringersi le mani furtivamente, e se erano fortunati, si trovavano in fondo al Lacaor, dove la vista è spettacolare e soprattutto non vi erano occhi indiscreti.
L'amore anche quel tempo si nutriva di sguardi, sospiri, desideri e sogni... Purtroppo però qualcuno si accorse dell'affetto tra i due giovinetti e non ne fu contento; era il Castellano, un uomo burbero, arido di sentimenti, senza mai figli e senza più voglie. Costui si prese la briga, e di certo il gusto, di avvertire il padre di Olivetta che non reagì affatto bene.
Alvise fu cacciato immediatamente dal Villaggio e repente Olivetta divenne tristissima, sì perché ci si disperava anche allora!

In quello stesso periodo il Signore della Città decise di costruire un grande Palazzo, proprio in quel Villaggio, in riva al Lago e sopra le rovine di un altro edificio.

Il Signore, desiderava andare in villeggiatura o in visita quando ne avesse avuto voglia, esigeva comodità, spazio e una bella vista. E poi chissà a cos'altro sarebbe potuto servire quel grandioso Palazzo!
A quel tempo, quindi, nel Villaggio vi era un gran fermento.

Ogni volta che Olivetta, affranta, saliva al Castello, si ritirava dove aveva trascorso momenti bellissimi con l'amato Alvise, a guardare il lago, le montagne e il cielo blu come i suoi occhi ora colmi di lacrime.

L'amore è il motore del mondo, e il giovane Alvise non riusciva a stare lontano dalla cara Olivetta. Un bel dì tornò furtivo al Villaggio, si travestì da viandante e nessuno lo notò.
Andò oltre il centro abitato, scese a Paina piccola e poi con l'agilità dei ventenni e la forza che gli dava l'amore, scalò le rocce fin su al Lacaor per arrivare proprio nel punto dove Olivetta andava a piangere, struggendosi per la perdita del suo amato.

I due innamorati da quel giorno ripresero a vedersi di nascosto proprio lì, in quell'angolo suggestivo, fino a quando Alvise decise di farsi forza e chiedere aiuto al Signore della Città, che essendo un vero Signore, aiutò i due giovani e diede la sua benedizione affinchè Olivetta e Alvise potessero sposarsi e vivere felici e contenti, come in ogni storia che si rispetti.
Si dice che abbiano avuto tantissimi figli, il primo lo chiamarono Paris, ma questa è un'altra storia...
LA SCALA RIPERCORRE LA SCALATA DI ALVISE PER VEDERE OLIVETTA SUL BELVEDERE DEL LACAOR.



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